Sono passati 60 anni da quando monsignor Egidio Negrin, allora vescovo di Treviso ha benedetto la prima pietra della Chiesa di San Pio X: ricordare quei momenti è una preziosa e straordinaria occasione per riscoprire le proprie radici; perché una comunità che non fa più memoria del proprio passato perde la propria identità. E guardando alla storia della costruzione della chiesa parrocchiale si può cogliere il volto di una comunità ricca di fede e di grandi slanci di generosità; talvolta capace di forte dialettica e anche di polemica, ma sempre consapevole della propria identità parrocchiale.
Già nel 1910 si era parlato di costruire una nuova chiesa, poi però prevalse l’idea di una ristrutturazione dell’edificio esistente. Poiché però la chiesa di Sant’Alessandro era fortemente decentrata rispetto al borgo paesano e di dimensioni non più adeguate, il parroco don Giovanni Dal Poz (1927 -1938), anche grazie alla donazione della nobildonna Maria Savardo, pensò di costruire chiesa, canonica e asilo sul terreno che poi ospitò solo l’attuale scuola materna.
Cosa questa che suscitò non poche polemiche. All’arrivo del successivo parroco don Gaetano Campagnolo, sembrava che la costruzione della nuova chiesa fosse cosa fatta… E invece toccò a don Ugo Toniato (1945-1953) la decisione: da una parte i problemi di capienza della chiesa di sant’Alessandro, acuiti da urgenti problemi di restauro, dall’altra una legge statale che prometteva contributi sostanziosi per nuovi luoghi di culto.
E, anche se con momenti di vivissima tensione, la comunità si espresse per la costruzione della nuova chiesa. Ma non fu don Ugo a realizzare questo sogno, bensì don Beniamino Fantinato che entrò in parrocchia con l’esplicito impegno di costruire la nuova chiesa. E ancora qualche anziano ricorda l’ininterrotto diluvio che accompagnò l’entrata in paese del nuovo parroco, ma che non fu di cattivo auspicio, visto che già il 10 giugno del 1956 fu possibile porre la prima pietra della chiesa, la prima in diocesi dedicata a san Pio X, da poco canonizzato. E fu sempre grazie all’impegno di un indomito don Beniamino, che affrontò non poche difficoltà e polemiche (una per tutte la diceria che, stante la lunga pausa dei lavori, dovuta alla mancanza di fondi, sarebbe stato lo stesso Parroco a non volere più la chiesa. “Roba da matti”, commentava lui), ma anche grazie alla generosità della comunità che non si è certo risparmiata in fatica e donazioni che oggi Massanzago può pregare e raccogliersi in un tempio le cui fondamenta raccontano 60 anni di vita e di fede.